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DILAGA LA PROTESTA DEGLI STUDENTI TIBETANI

DILAGA LA PROTESTA DEGLI STUDENTI TIBETANI



Dharamsala, 25 ottobre 2010. Continuano le proteste degli studenti tibetani contro la decisione delle autorità cinesi di abolire l’uso della lingua tibetana nei testi scolastici.
Le manifestazioni, iniziate a Rebkong, nel Qinghai (la regione tibetana dell’Amdo) il 19 ottobre, si sono estese nei giorni successivi in numerose località del Tibet orientale, interessando le contee di Chentsa, Khrigha, Golok e Chabcha dove, secondo quanto riportato dall’emittente Voice of Tibet, sabato 23 ottobre una ventina di studenti sono stati fermati dopo essere stati circondati dalle forze di polizia.




Le proteste degli studenti, le più vaste dopo quelle del 2008, sono arrivate fino Pechino dove, a mezzogiorno del 22 ottobre, quattrocento giovani hanno partecipato a una manifestazione alla Minzu University, l’Università delle Minoranze (nella foto).




Volantini con l’invito a scendere in piazza e a mantenere viva la protesta circolano tra gli studenti e passano di mano in mano. Il loro testo recita: “Il Ministro dell’Istruzione ha deciso che in tutte le scuole delle aree tibetane sia eliminata la nostra lingua. Dopo la scuola primaria, l’uso della lingua tibetana è facoltativo. Nel Qinghai e nelle altre aree (tibetane) gli studenti manifestano a difesa della loro lingua. Allo scopo di preservarla, per favore, fate circolare questo messaggio”.



Il 15 ottobre è stato consegnato alle autorità del Qinghai un appello, firmato da 103 insegnanti e scritto sia in tibetano sia in cinese, in cui si chiede al governo della provincia di rivedere la decisione presa. Nella lettera si ricorda che l’articolo 4 della Costituzione cinese afferma che ogni minoranza etnica è libera di usare la propria lingua parlata e scritta e di preservare le proprie peculiari usanze e tradizioni.





Citando fonti ufficiali del governo cinese, l’agenzia AP riferisce che “I funzionari cinesi hanno tentato di placare le proteste degli studenti delle aree tibetane rendendo noto che l’uso della lingua mandarina nelle scuole non ha come scopo l’eliminazione della lingua nativa dei tibetani e che non saranno introdotti cambiamenti là dove la situazione non lo consente”. Non sono stati tuttavia specificati i criteri in base ai quali sarà effettuata tale valutazione.

Da Toronto, una delle tappe del suo viaggio nel nord America, il Dalai Lama ha dichiarato che la lingua tibetana è fondamentale per la sopravvivenza della cultura e del Buddhismo tibetano che vanta ampio seguito anche in Cina.
“La Cina” – ha dichiarato – “è storicamente un paese buddhista e la preservazione della cultura buddhista tibetana è importante per milioni di cinesi che sentono l’esigenza di un conforto spirituale”. Il Dalai Lama ha affermato che la Cina dovrebbe imparare dall’India, paese in cui le diversità linguistiche non sono considerate una minaccia di divisione interna.



Il video della manifestazione di Chabcha al sito:
http://www.youtube.com/user/RFATibetan#p/a/u/1/DH9KzrRhWlY

Questa voce è stata pubblicata il 30 Ottobre 2010, in TIBET.

CAMPAGNE URGENTI : Appello per la liberazione di Tenzin Delek Rinpoche

CAMPAGNE URGENTI :
Appello per la liberazione di Tenzin Delek Rinpoche
LA NOSTRA SOLIDARIETÀ A TENZIN DELEK E AI TIBETANI CHE SI SONO MOBILITATI PER LA REVISIONE DELLA SENTENZA!
  La decisione del governo cinese di commutare la sentenza di morte pronunciata nei confronti di Tenzin Delek Rinpoche nel carcere a vita è stata indubbiamente una vittoria per i tibetani e per le migliaia di persone che, in tutto il mondo, si sono adoperate per salvargli la vita. E’ la prova concreta dell’efficacia della pressione internazionale e la dimostrazione di ciò che possiamo ottenere se ci attiviamo congiuntamente e in grande numero.



Tenzin Delek Rinpoche rimane tuttavia un prigioniero politico, condannato a languire a vita nelle carceri cinesi. Al termine del processo d’appello, Tenzin Delek Rinpoche è stato condannato al carcere a vita. Trasferito dal carcere di Chuandong a quello di Mianyang (nella provincia del Sichuan), sappiamo che le sue condizioni di salute non sono buone: soffre di alta pressione e, a causa delle torture cui è stato sottoposto prima del processo, ha problemi cardiaci e polmonari. Continua a proclamare la sua innocenza.

Nel giugno 2009, a un compaesano che gli faceva visita in prigione, Tenzin Delek Rinpoche disse: “Non sono colpevole, chiedete giustizia, chiamate tutti e fate il possibile perché la sentenza sia cambiata”.

  In segno di aiuto, 40.000 tibetani appartenenti alla comunità di Tenzin, firmarono una petizione (molte firme consistevano nell’impronta del pollice) in cui si chiedeva giustizia per il loro leader. Questa una pagina della petizione.




In segno di solidarietà con Tenzin Delek e i tibetani che per lui hanno manifestato lo scorso mese di dicembre in tutta l’area di Lithang, vi chiediamo di firmare la petizione on line al sito:




Accanto alla vostra firma comparirà l’impronta di un pollice, come nella petizione dei tibetani.


La petizione sarà inviata a Zhou Yongkang (nella foto), uno dei massimi dirigenti del Partito Comunista. Nel 2002, Zhu era Segretario del Partito nella provincia del Sichuan, dove Tenzin Delek era detenuto. Attualmente ricopre la carica di Segretario del Comitato Centrale per le Politiche Legali, il principale organo della Repubblica Popolare Cinese di supervisione nell’applicazione della legge.



  La campagna, lanciata a livello internazionale, ha come obiettivo la raccolta di 40.000 firme entro il 10 marzo 2010.

















Altre azioni:

1) Scrivete al Liu Qibao, segretario del Partito della Regione del Sichuan per chiedere la sua liberazione.

2) Scrivete al nostro Ministro degli Esteri, on. Franco Frattini

Note biografiche :

Nato a Litang, nel Sichuan, nel 1950, Tenzin Delek è stato protagonista, nella sua provincia, di battaglie ambientaliste, sociali e religiose. Dal 1982 al 1987 visse in India, dove studiò sotto la supervisione del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio dal 1951. Dal suo maestro venne riconosciuto come “tulku”, ovvero lama reincarnato. Tornato in Cina nel 1987, Tenzin Delek fondò monasteri, ospedali, scuole e orfanotrofi ma i suoi rapporti con le autorità cinesi si guastarono nel 1993, quando si oppose ai tentativi di disboscamento attuati dal governo nelle aree tibetane. Arrestato nell’aprile 2002 con un altro monaco, Lobsang Dhondup, 28 anni, i due vennero accusati dell’attentato avvenuto agli inizi di quello stesso mese nella piazza principale di Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan. I due monaci furono entrambi condannati a morte il 2 dicembre 2002 ma il 26 gennaio 2003 la sentenza venne eseguita solo per Lobsang Dhondup; Tenzin Delek si vide sospendere la condanna per due anni. Nel gennaio 2005, a seguito delle fortissime pressioni internazionali, la condanna a morte è stata commutata nel carcere a vita.