Archivio | Giugno 2009

DELFINARI Carceri a cielo aperto

Finti sorrisi!

Una delle maggiori attrazioni dei parchi e dei giardini zoologici acquatici è rappresentata da piccoli cetacei – principalmente delfini (tursiope, e raramente il belga), ma anche orche – che in natura necessitano di ampi spazi aperti.

Pensateli chiusi in una vasca che per legge misura:

400 mq. per 5 esemplari (ciascuno da 4 metri e dal peso di 250 kg, con velocità – in acqua! di 30 kmh)

4,5 metri di profondità (per individui che si immergono da 30 a 200 metri)

L’allegria che sembra manifestarsi sempre nell’espressione di questi mammiferi è solo apparente perché i delfini sono sprovvisti di muscoli facciali complessi:

sembrano allegri anche quando viene loro ridotta o annullata la razione di cibo se non eseguono un esercizio

sembrano allegri quando vengono isolati, stressati, umiliati nella loro natura repressa di fronte a migliaia di spettatori paganti

sembrano allegri anche dopo la morte, evento molto frequente nei delfinari, anche se le Società commerciali che gestiscono gli show, si guardano bene dal parlarne, soprattutto quando vengono mandati in vasca animali ormai lungamente malati e che moriranno di li a poco.

Intelligenza riconosciuta per legge

italiano riconosce il ruolo di ricerca anche a strutture dal fine palesemente commerciale, nonostante gli scienziati impegnati in studi sui delfini in natura abbiano criticato i delfinari. Il Decreto Ministeriale n. 469 del 2001 dice che i delfini:

– 33 …..devono essere addestrati a cooperare alla manipolazione e alle normali procedure medico-veterinarie.

– 35. …..al gruppo di esemplari deve essere contemporaneamente garantito un giorno a settimana esente da dimostrazioni………

Siamo in presenza del riconoscimento ufficiale dell’intelligenza di un animale, del suo diritto al riposo settimanale – e quindi del fatto che la sua attività è un lavoro -, della sua capacità di comunicare. Quasi un mammifero umano cui viene negato il diritto alla libertà: un tursiope in vasca è uno schiavo per legge.

Non si tratta di un decreto sui delfinari in quanto custodi di una specie in estinzione ma quali carceri per la specie più utilizzata negli spettacoli viaggianti. Un decreto che, anziché prevedere la salvaguardia di una specie in parchi marini protetti (zone ampie e libere) dove poter anche fare reale ricerca scientifica e portare i visitatori interessati all’aspetto biologico, autorizza i luna park a mostrare, per fini di lucro, in spazi ristretti, mammiferi intelligenti, e concedendo l’attività di riproduzione di delfini in modo che non manchi mai la “materia prima”.

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GIAPPONE – La baia di Taiji e I DELFINI

GIAPPONE – La baia di Taiji
Caccia ai delfini per i circhi d’acqua e per l’alimentazione!
Quasi il 65% dei delfini detenuti nei parchi divertimento proviene da catture in mare.Senegal, Russia, Isole Solomon e Cuba sono alcuni dei paesi coinvolti nella cattura e nel traffico, spesso illegale, dei delfini. Quest’attività è praticata soprattutto in Giappone, dove si cacciano i cetacei sia per soddisfare le richieste dei delfinari, che per scopi alimentari.
Ogni anno nelle acque nipponiche muoiono oltre 20.000 delfini: la loro cattura di è legale. Nella baia di Taiji, avviene una delle caccie più traumatiche, documentata dalle agghiaccianti immagini girate da Richard O’Barry per One Voice, associazione animalista europea, con cui la LAV collabora per porre fine a questi operazioni d’imprigionamento.
Tra ottobre ed aprile nella baia si catturano più di 1000 delfini. Avvistati i branchi, i pescatori spingono gli animali all’interno della baia senza lasciare loro vie di scampo. Si gettano le reti e, in una incredibile confusione di cetacei che si accalcano, si scelgono gli animali da destinare ai delfinari. Decine di sub cominciano ad isolare singoli animali, quelli prescelti vengono immobilizzati e issati con un apposito telo all’interno di vasche di plastica ,che saranno poi caricate sui camion. Per i ‘prescelti’ comincia il susseguirsi di trasporti da un delfinario all’altro.
I delfini destinati all’alimentazione vengono invece spinti verso i moli, dove li aspetta ad una morte violenta e dolorosa. Arpionati e legati da funi, vengono poi issati sul molo, accoltellati e caricati, agonizzanti, su camion.
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