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IL BALLO DELLA TERRA un idea per usare pesce azzurro molto buono e economico ….buona frittura :-)

Alici fritte ricetta tradizionale

1 kilo di Alici fresche
200 gr di mollica di pane
1 spicchio d’aglio
prezzemolo
50 gr di pecorino grattugiato
i

olio extra-vergine d’oliva

Pulire le Alice togliendo la spina centrale ,
frullare la mollica del pane con l’aglio, pecorino, prezzemolo,
impanare le Alice con il composto e friggere nell’olio extra- vergine
d’oliva profondo, usare una padella di ferro o di ghisa ,
adagiarle bene su carta paglia e mangiarle calde,

Quando si fa la frittura qualcuno si deve sacrificare , la frittura si mangia calda.

NB: non ho menzionato il sale perché già le Alice sono saporite e in più ce’ il Pecorino.

abbinamento consigliato bollicine di ottima qualità..

ADDITIVI ALIMENTARI : piu’ di 300 gli additivi nel nostro piatto! Impariamo a conoscerli

Piu’ di 300 gli additivi nel nostro piatto

Coloranti, conservanti, emulsionanti, esaltatori di sapidità, regolatori di acidità, ovvero gli additivi alimentari, sostanze che si aggiungono con lo scopo di migliorare o cambiare alcune caratteristiche come gusto, colore, conservazione o consistenza. Ci sono pericoli per la salute?
 
Coloranti, conservanti, emulsio­nanti, esaltatori di sapidità, regola­tori di acidità… ovvero gli additivi alimentari. Sostanze che si aggiun­gono con lo scopo di migliorare o cambiare alcune caratteristiche come gusto, colore, conservazio­ne o consistenza. Abbondano so­prattutto nei prodotti alimentari industriali. In certi casi sono una presenza necessaria per garan­tire igiene e sicurezza ai cibi, ma molto spesso sono completamen­te inutili, se non ingannevoli. È il caso, per esempio, dei coloranti, che non servono a nulla se non ad accentuare o simulare la presenza degli ingredienti autentici (il giallo per dare l’idea dell’uso di uova fre­sche, una punta di rosso al posto di vera frutta e così via…).
 
In Europa ne sono autorizzati moltissimi, più di 300, con una legge che impone ai produttori di indicarli in etichet- ta, o con la loro sigla (una E seguita da un numero), oppure con il loro nome per esteso preceduto dalla categoria cui appartengono. Quel- li che non compaiono nella lista sono vietati. La nostra esperienza ci dice che in Italia ne facciamo un uso minore rispetto ad altri paesi europei con cui siamo soliti collaborare per test e inchieste, soprattutto nel caso di coloranti e conservanti, che da noi godono di poco appeal. Possiamo quindi stare tranquilli? Non del tutto. chi ci tutela? L’autorizzazione a un additivo viene concessa dopo una valuta- zione di sicurezza fatta da esperti sulla base degli studi scientifi ci a disposizione. In questo momento l’Efsa, l’autorità europea per la si- curezza degli alimenti, per conto della Commissione europea, sta esaminando nuovamente le auto- rizzazioni concesse, alla luce dei nuovi dati a disposizione. Questo processo di revisione è iniziato a partire da alcuni coloranti (li elen- chiamo nel riquadro “Occhio a…” qui sopra), che qualche anno fa sono stati accusati da uno studio inglese di essere corresponsabili della sindrome da deficit di at- tenzione nei bambini, per la loro capacità di suscitare iperattività e irritabilità nei più piccoli. Nel quadro della valutazione, in base ai risultati ottenuti dalle pro­ve di tossicità,viene stabilita la dose giornaliera accettabile (Dga) per l’uomo. La Dga è la dose di ad­ditivo che una persona può assu­mere ogni giorno, per tutta la vita, senza mettere a rischio la propria salute. In base alla Dga, poi, si de­finiscono i limiti massimi ammis­sibili negli alimenti.

Per esempio, alla luce degli studi più recenti, l’Efsa ha notevolmen­te ridotto la Dga del colorante alimentare giallo E 104, rispetto alla dose giornaliera accettabile, che era stata stabilita nel 1984 dal comitato scientifico per l’alimen­tazione umana della Commissio­ne europea. Una marcia indietro che fa riflettere. Questo sistema di valutazione, infatti, ha alcune pecche che ancora non sono state colmate e lo rendono non del tutto affidabile.

Effetto cocktail
In primo luogo non siamo ancora tutelati dalla somma di tutte le di­verse sostanze aggiunte che assu­miamo, anche se ciascuna di loro resta al di sotto della Dga.
Inoltre, nello stabilire i limiti massimi di utilizzo nei prodotti alimentari non si tiene conto dei rischi di un abuso di additivi da parte dei bambini, i quali, a causa del loro peso ridotto, possono fa- cilmente superare le dosi giorna- liere accettabili, andando incontro a rischi di sensibilizzazione, aller- gie o altri problemi di salute. il trionfo del “naturale” Oggi i consumatori propendono per prodotti il più possibile privi di additivi. Ecco allora che le eti- chette mettono ben in evidenza diciture come “non contiene con- servanti” o “con coloranti naturali”. Ma attenzione: – il fatto che un prodotto si vanti di non avere conservanti non signifi – ca che non abbia comunque altri additivi in lista. Leggete sempre l’elenco degli ingredienti; – sta sparendo in etichetta l’indi- cazione degli additivi con il codice E… a favore della dicitura con il nome completo. Questa modalità rende più diffi cile individuare gli additivi a colpo d’occhio perché si mimetizzano nell’elenco degli ingredienti; – alcuni coloranti naturali hanno una dose giornaliera di assunzione accettabile più bassa di altri artifi – ciali, sintomo della loro potenziale maggiore pericolosità.

Occhio a…
Uno studio condotto nel Regno Unito per conto della Food Standards Agency nel 2007 ha mostrato che il consumo di alimenti contenenti coloranti potrebbe aumentare il comportamento iperattivo nei bambini. I ricercatori hanno scoperto che questo comportamento aumentava quando i bambini assumevano bevande contenenti una miscela di additivi e coloranti artifi ciali. Questa ricerca, che ha fatto parecchio discutere, ha mostrato un possibile effetto negativo di alcuni coloranti alimentari e di un conservante (l’E211, benzoato di sodio) sulla psiche dei più piccoli.

Capire che cosa c’è nel cibo che mangiamo
Gli additivi, a seconda della loro funzione, sono suddivisi in categorie e a ognuno è associato un codice, generalmente composto da una E seguita da tre o quattro cifre. Il codice è valido in tutta Europa.

Coloranti (da E 100 a E 180)
Sono utilizzati per dare agli alimenti un colore più vivace. Autorizzati in molti alimenti, i coloranti naturali e artificiali possono trarre in inganno il consumatore sulla vera natura degli ingredienti utilizzati (per esempio, colorante giallo per suggerire la presenza di uova). Inoltre, alcuni coloranti sono stati associati al deficit di attenzione nei bambini, mentre altri possono provocare allergie in persone sensibili.

Conservanti (da E 200 a E 285)
I conservanti sono sostanze che prevengono la proliferazione di batteri, muffe e lieviti responsabili del deterioramento degli alimenti e sono utili in alcuni casi ben precisi.
I legislatori europei, tuttavia, sono troppo permissivi e autoriz­zano l’utilizzo di conservanti anche dove sono inutili. Di fatto, non incoraggiano certamente i produttori a essere particolar­mente attenti in materia di igiene e di condizioni di conserva­zione. Alcuni possono provocare reazioni allergiche.

Antiossidanti e acidificanti (da E 300 a E 385)
Gli antiossidanti sono utilizzati per frenare il deterioramento degli alimenti causato dal contatto con l’ossigeno dell’aria. Il più utilizzato è l’acido ascorbico o vitamina C (E 300). Gli acidificanti, invece, aumentano l’acidità degli alimenti per prolungarne la conservazione o per ragioni di gusto. La mag­gior parte degli antiossidanti e degli acidificanti è accettabile e persino utile in certi casi ma, ancora una volta, senza abu­sarne e se non esiste un’altra soluzione.

Emulsionanti e addensanti (da E 400 a E 495)
Questo gruppo comprende anche i gelificanti e gli stabilizzanti. Tutte queste sostanze sono utilizzate per dare consistenza a un prodotto o per mantenerla. Il loro utilizzo è, a volte, giustificato (emulsionanti per impedire la formazione di cristalli nel gelato o che permettono di sostituire in parte le materie grasse con acqua nelle margarine e nel burro a ridotto contenuto di grasso). Ma più spesso servono per mascherare l’assenza di ingredienti di base (uova in gelato o maionese). Alcuni addensanti sono riconosciuti come allergeni (per esempio, la gomma di guar).

Esaltatori di sapidità (da E 620 a E 640)
Questi additivi, i più noti dei quali sono i glutammati, servono a intensificare o a modificare il gusto degli alimenti: per que­sto motivo sono, secondo noi, inutili e ingannevoli, in quanto potrebbero mascherare carenze di gusto e quindi una qualità scadente degli alimenti. Il glutammato si può ritrovare in una quantità vastissima di prodotti alimentari e questa assunzione elevata giornaliera può provocare intolleranze anche in chi non è comunemente sensibile a questo additivo.

Edulcoranti (da E 950 a E 967, E 420, E 421)
Sostituiscono gli zuccheri in alcuni prodotti light (bibite, cara­melle, gomme da masticare, dolci, yogurt…) Sono accettabili in alcune circostanze (per esempio, per le persone che non possono consumare zuccheri), ma il rischio, soprattutto per i bambini, è che si raggiunga molto rapidamente la dose giorna­liera accettabile, per esempio nel caso dei polioli.

da ALTROCONSUMO

Questa voce è stata pubblicata il 24 Novembre 2010, in RICETTE CUCINA.

LA FOCACCIA COL FORMAGGIO DI RECCO

LA FOCACCIA COL FORMAGGIO di Recco!
Molti conoscono la focaccia al formaggio specialità ligure ma pochi sanno che per prepararla non va usato lo stracchino ma la crescenza!
La differenza fra i due formaggi è nell’umidità e nei tempi di maturazione.
La crescenza è un formaggio più umido e “maturato” di meno quindi con un sapore meno marcato rispetto allo stracchino.
Pare che la focaccia al formaggio sia nata in tempi lontanissimi quando la popolazione di Recco per sfuggire ai saraceni fosse costretta a rifugiarsi nell’entroterra dove a disposizione aveva soltanto formaggio, olio e farina.
La pasta ripiena di formaggio cotta sulla pietra di ardesia ha preso il nome di “focaccia col formaggio”.
Agli inizi dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina e la focaccia al formaggio veniva proposta solo nel periodo della celebrazione dei morti.
Ai primi del novecento comincia a venire offerta non solo nel periodo dei morti ma tutto l’anno!
Oggi è una specialità recchese conosciuta in tutto il mondo e la ricetta è a disposizione di tutti ma è sicuro che i fornai di Recco hanno un “segreto” che mai sveleranno perchè la focaccia col formaggio cotta nel nostro forno di casa o in forno a legna nei vari ristoranti o trattorie anche in liguria mai avrà lo stesso sapore squisito e tipico di quella acquistata o consumata nella cittadina di Recco.
Comunque per gli amanti della buona cucina e delle specialità ecco la ricetta ufficiale :
DOSI E INGREDIENTI
1) Kg. 1 di farina “00” rinforzata o manitoba (farina di grano tenero del Nord America)
2) dl. 1 di olio di oliva
3) sale quanto basta
4) dl. 2 acqua
5) kg. 2 di crescenza freschissima
Preparare gli ingredienti, formare un impasto con farina, versando un pò di olio d’oliva aggiungete il sale ed infine l’acqua lavorate a mano (potrete farlo anche con l’impastatrice) sino a quando l’impasto risulterà morbido e liscio.
Farlo riposare per circa 60 minuti in temperatura di circa 18/20° e coprire.
Dopo aver lasciato riposare l’impasto per 60 minuti, dividete l’impasto per prelevarne un pane di circa 1/2 chilogrammo e tirarlo leggermente con il mattarello rendendo la pasta sottile.
Mettere le mani chiuse a pugno sotto la sfoglia e, ruotandola, allargarla e renderla più sottile possibile.
Appoggiarla sulla teglia di rame precedentemente oliata.
Quindi deporre sulla sfoglia la crescenza in piccoli pezzi (circa una noce per ciascun pezzo) in senso circolare.
Fare una seconda sfoglia molto sottile (quasi trasparente) con lo stesso procedimento della prima e ricoprire la teglia con la sfoglia di base già cosparsa di crescenza.
Chiudere le estremità delle due sfoglie in modo che i bordi sovrapposti risultino ben saldati ed eliminare la quantità di sfoglie (sopra e sotto) che fuoriescono della teglia.
Con le dita pizzicare più punti della pasta formandovi dei fori della grandezza di circa 1 centimetro. Cospargerla di sale ed irrorarla con olio d’oliva.
Cuocere in forno alla temperatura di 270°/320° per circa 7/4 minuti.
Il forno deve essere regolato in modo tale che il suolo sia più caldo del cielo del forno.
La cottura sarà ultimata quando la focaccia avrà un colore dorato sopra e sotto.
P.S. : alcuni ristoratori in genova e in liguria in generale offrono anche la versione “pizzata” aggiungendo alla focaccia pomodoro, capperi e acciughe. Il risultato è una vera delizia! Provare per credere 🙂
Questa voce è stata pubblicata il 8 Agosto 2009, in RICETTE CUCINA.